Bene e male nella psicologia analitica by Carl Gustav Jung

Bene e male nella psicologia analitica by Carl Gustav Jung

autore:Carl Gustav Jung [Jung, Carl Gustav]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2021-04-04T22:00:00+00:00


Ultimi pensieri1

(1961)

All’intendimento della mia biografia le considerazioni di questo capitolo sono indispensabili, anche se al lettore potranno sembrare teoriche. Questa «teoria»2 è però una forma esistenziale che fa parte della mia vita, rappresenta per me una necessità come il mangiare e il bere.

1.

Nel cristianesimo è notevole il fatto che nella sua dommatica anticipa un processo di trasformazione della divinità, una evoluzione storica verso l’«altra parte». Questo si determina nella forma del nuovo mito di un dissidio nei cieli, cui si allude per la prima volta nel mito della creazione, nel quale appare un antagonista del Creatore in forma di serpente, che induce l’uomo alla disobbedienza con la promessa di una accresciuta consapevolezza (scientes bonutn et malum). La seconda allusione è quella alla caduta degli angeli, una prematura invasione del mondo umano da parte di contenuti inconsci. Gli angeli sono geni singolari. Sono esattamente ciò che sono e non potrebbero essere nulla di diverso: in sé esseri senz’anima che non rappresentano altro che pensieri e intuizioni del loro Signore. Gli angeli che cadono, dunque, sono esclusivamente «cattivi» angeli. Questi scatenano la ben nota conseguenza dell’«inflazione», che possiamo osservare anche oggigiorno nella megalomania dei dittatori: gli angeli generano con gli uomini una razza di giganti, che alla fine minaccia di divorare l’umanità stessa, come è scritto nel libro di Enoch.

II terzo e decisivo stadio del mito, comunque, è l’autorealizzazione di Dio in forma umana, in adempimento dell’idea dell’Antico Testamento delle nozze divine e delle sue conseguenze. Già nel cristianesimo primitivo l’idea dell’incarnazione era assurta alla concezione del Christus in nobis. Così la totalità inconscia penetrò nel dominio psichico dell’esperienza interiore, e diede all’uomo un presagio della sua compiuta figura. Fu un evento decisivo, non solo per l’uomo, ma anche per il Creatore. Agli occhi di coloro che erano stati riscattati dall’oscurità si spogliò delle sue qualità oscure e divenne il summum bonum. Questo mito rimase vivo e immutato per un millennio, fino a che non cominciarono a manifestarsi i segni di un’ulteriore trasformazione della coscienza nel secolo XI.3 Da allora i sintomi d’inquietudine e del dubbio aumentarono, fino a che alla fine del secondo millennio cominciarono a delinearsi i tratti di una catastrofe universale, e cioè innanzi tutto di una minaccia per la coscienza. Questa minaccia consiste nel gigantismo, cioè in una hybris della coscienza: «Nulla è più grande dell’uomo e delle sue azioni.» La trascendenza del mito cristiano andò perduta, e con essa la concezione cristiana della totalità raggiunta nell’altro mondo.

Alla luce segue l’ombra, l’altro lato del Creatore. Questa evoluzione giunge al suo culmine nel secolo XX. Il mondo cristiano è ora veramente messo a confronto col principio del male, con l’ingiustizia palese, la tirannia, la menzogna, la schiavitù, la coercizione della coscienza. Tale manifestazione del male senza maschera ha assunto apparentemente una forma stabile nella nazione russa, ma la sua prima violenta eruzione si ebbe in Germania, e rivelò fino a qual punto il cristianesimo del secolo xx fosse stato svuotato del suo contenuto. Di fronte a ciò, il male non può essere più oltre minimizzato con l’eufemismo della privatìo boni.



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